Nella baracca (..) facevamo progetti per un improbabile futuro nel quale, nonostante tutto, appassionatamente speravamo. Perché? In ognuno di noi, automaticamente, la risposta era: <>. Perché il mondo potesse sapere; perché mai più, in nessun luogo, a nessun uomo potesse capitare quello che era capitato a noi. Siamo poi stati ascoltati? No, non lo siamo stati se in questi decenni altri eccidi, altri spaventosi massacri sono stati compiuti nell’indifferenza generale. […] Goti Bauer  – Voci della Shoah, Firenze, La Nuova Italia, 1995

A questa amara realtà si sono ispirati gli alunni delle classi terze della Scuola secondaria di Primo Grado S. Vito, quando hanno concepito il loro lavoro per la Giornata della Memoria, consapevoli del fatto che ricordare non è solo un dovere nei confronti del passato, ma innanzitutto una necessità per il futuro.

E l’arte li ha aiutati ad esprimere questa verità, perché niente più del simbolo può rappresentare ciò che è nascosto nel nostro mondo interiore, niente più di un’immagine può comunicare ciò che la parola non riesce più a riferire.

Così, dei volti inquietanti, sofferenti, macerati, sfigurati, in via di disfacimento sono divenuti soggetti delle produzioni creative degli studenti.

Miseri segni di brandelli di carta, poveri elementi del linguaggio visivo, hanno avuto un loro riscatto sul piano artistico espressivo, così come è accaduto con le opere di Jean Dubuffet, Jean Fautrier, Willem De Kooning, a cui gli allievi si sono ispirati. Questi artisti hanno, infatti, anteposto nelle loro produzioni degli anni ’50 del secolo scorso, la casualità e l’improvvisazione all’ordine e alla pianificazione, il segno istintivo a quello razionale e pensato. Emulando questa tendenza artistica, caratterizzata da uno stile marcatamente deformato e semplificato, gli alunni hanno rappresentato immagini di dolore e di abiezione umana, lasciandosi coinvolgere emotivamente da quanto raccontato da Nedo Fiano, sopravvissuto alla Shoah, nel suo romanzo: “A 5405 – Il coraggio di vivere”

Le inquietanti figure spettrali che essi hanno rappresentato sono, dunque, diventate la metafora della follia umana, ispirate all’assurdità di “quella tempesta criminale” che ha ucciso la ragione e oltraggiato un patrimonio di valori umani, conquistato nel corso di millenni.

Ma se i volti disegnati dagli alunni raffigurano la straziante sofferenza della Shoah, tuttavia è la parola che consente di perpetuarne la memoria, ed ecco che le voci scritte accanto a quei visi stravolti sono divenute un’occasione per rievocare ancora “il coraggio di vivere”, ovvero il coraggio di ricordare che la democrazia, la libertà, la dignità, la fratellanza non sono condizioni scontate, ma obiettivi da cercare e da difendere sempre.

https://www.youtube.com/watch?v=n9W6OdIANUY