A San Vito si parla di biotecnologie e biodiversità

BIOTECNOLOGIE E BIODIVERSITÀ
Pro e contro il loro utilizzo

Con il termine “biotecnologia” si intende una tecnologia applicata in campo biochimico e biologico, che prevede la realizzazione di procedure che modificano il patrimonio genetico di piante e animali, inserendo o inattivando geni che generano la creazione di organismi geneticamente modificati (OGM).

Tradizionalmente, la data di nascita delle biotecnologie innovative viene fissata intorno al 1970, a seguito delle scoperte dell’ingegneria genetica e delle tecnologie avanzate di colture di cellule in vitro, ma c’è chi in realtà le fa risalire agli studi di Pasteur, che fece uso di colture pure di microrganismi per la produzione di alimenti, bevande e altri prodotti utili. Infatti, all’epoca gli fu chiesto di trovare un modo per evitare l’inacidimento di grandi quantità di vino, che generalmente avveniva durante la fermentazione del mosto. Pasteur identificò e isolò l’agente responsabile della trasformazione del mosto in vino: un organismo unicellulare chiamato “lievito”. Egli poneva finalmente le biotecnologie su rigorose basi razionali e scientifiche.

Attualmente esistono circa 10 branche delle biotecnologie, la maggior parte delle quali è identificata nel gergo internazionale con uno dei colori dell’arcobaleno:

· Red biotechnology o biotecnologie mediche, farmaceutiche e veterinarie;

· Green biotechnology o biotecnologie agrarie o vegetali;

· Yellow biotechnology o biotecnologie alimentari;

· White biotechnology o biotecnologie industriali;

· Grey biotechnology o biotecnologie ambientali;

· Blue biotechnology o biotecnologie marine;

· Gold biotechnology o biotecnologie bioinformatiche e nanobiotecnologie

· Black/Dark biotechnology o biotecnologie utilizzate come armi;

· Violet biotechnology o biotecnologie legali ed etiche

Per ciò che riguarda l’agricoltura sicuramente le biotecnologie rappresentano un metodo in più a disposizione per incrementare la produzione, perché, inserendo nelle piante degli specifici geni, anche di specie molto diverse, si migliora la selezione naturale e si aumentano la produzione e la resistenza alle malattie. Questo sistema, però, è anche una grande fonte di dibattito, quali e quante conseguenze impreviste comporterà sull’ambiente questa manipolazione? Le piante geneticamente modificate si comporteranno come specie invasive a danno di altre specie? E nel lungo periodo quale sarà la conseguenza della loro introduzione?

I pareri sono molto diversi tra loro, dettati da ragioni economico, politiche, filosofiche, ma anche più propriamente scientifiche. In particolare si teme che si possano immettere allergeni nella catena alimentare; aumentare la resistenza di patogeni naturali, come i virus o i batteri, a determinati antibiotici o altre sostanze; si temono le conseguenze su specie diverse da quelle desiderate e la diminuzione della biodiversità (diversità esistente in natura tra le specie animali e vegetali), favorendo la scomparsa graduale di piante e colture tradizionali, sostituite unicamente da quelle geneticamente modificate (monotonia ambientale).

Non è un mistero, infatti, che la diffusione di piante e animali transgenici, che hanno elevate qualità produttive, verrebbe preferita da agricoltori e allevatori.

C’è chi afferma, invece, che così facendo si aiuta l’agricoltura, perché le biotecnologie consentono di produrre organismi con caratteristiche nutritive particolari, oppure con una maggiore resistenza a parassiti o a condizioni ambientali avverse (siccità, freddo o elevate concentrazioni saline), garantendo quella produzione alimentare in grado di sostenere una popolazione mondiale ormai di 7,7 miliardi di persone. Difficile stabilire chi abbia ragione.

Esistono, però, delle regole per garantire il controllo e la gestione dei possibili rischi legati alla diffusione delle piante transgeniche; dobbiamo ricordare infatti che nel 1992 è stata firmata la Convenzione Internazionale sulla biodiversità che prevede che le tecniche dell’ingegneria genetica possano essere utilizzate per organizzare banche-geni, dove conservare il patrimonio genetico delle specie in via di estinzione, in modo da salvaguardare la biodiversità. E ancora si può precisare che è possibile utilizzare sotto stretto controllo la coltivazione degli OGM, concentrandola in aree delimitate; si possono adottare precise norme sull’etichettatura; infine si possono incentivare biotecnologie sicure e rispettose dell’ambiente.

A proposito di quest’ultimo punto, l’Unione Europea sovvenziona da anni programmi di ricerca che studiano la possibilità di un utilizzo «dolce» delle biotecnologie e si è riservata dal mese di aprile 2015, con la nuova direttiva UE, la possibilità di decidere di vietare la coltivazione degli OGM sul territorio europeo in qualsiasi momento, senza contare che ormai da anni l’Unione favorisce l’affermarsi dell’agricoltura biologica, il cui scopo è proprio quello di promuovere la biodiversità delle specie domestiche, sia vegetali, che animali, sul pianeta.

FEDERICO DAMIANI, JACOPO VEROLI, LUCA BOCCANERA